venerdì 16 settembre 2011

Qui intorno...

E comincia con tre note, quasi come se fosse un preludio a un temporale. Tre note fuori tempo, sghembe e allo stesso tempo sussultorie, foriere di qualcosa che non conosci e, forse, non ti aspetti. Tu riesci a distinguere il contrasto del bianco sul bianco? Io non lo so? E qual è la differenza fra il giusto e lo sbagliato? Non lo so, per me è come camminare sull'aria. Mi chiederai, dove vai? Non lo so. E il temporale si avvicina, con lei che piange da dietro la porta. E tu, lo sai il perché? No, non credo di saperlo. È la nebbia, la fottuta nebbia che copre tutto quanto, e si sta dritti in piedi ad aspettare una luce che pulsa da lontano. È lontana ma non ti puoi sbagliare, c'è.


Lei ti ha raccontato la sua storia, è arrivata come Robert Johnson con una valigia nella mano a cercare chissà chi, qualcuno che forse non esiste nemmeno, o esiste solo nella sua fantasia. Non importa, però. Lei è un'equilibrista della vita, che cammina su un filo. E a te che importa? Perché stai lì ad ascoltare le sue storie? E cosa hai pensato quando ha piazzato la sua macchina davanti a casa tua, è entrata e si è tolta i vestiti? L'hai rimproverata o le sei saltato addosso? “Scusami, lo sai che quando sono agitata non riesco a comportarmi come una persona normale”, dice lei. Ho visto, ho visto.
E così avete fatto a pezzi i vostri stessi nomi senza però riuscire a nascondervi davvero, a cambiare davvero. Già, sei un leone, eppure com'è possibile che ogni volta ti sacrifichi come un dannato agnello? E su quale altare? Per chi? Per chi? Per chi? O è solo qualcosa che gira per la tua testa? No, non è qualcosa nella tua testa. No, non sto sognando, non sto sognando. Sei così reale eppure così distante. Così reale eppure così distante. La sottile differenza fra il giusto e lo sbagliato è diventata la sottile differenza tra il vero e l'immagine, e tu sei lì, sulle ginocchia a chiedere “chi cazzo sei?” e ad urlarlo di fronte al mondo.

E ora sei tremilacinquecento miglia lontano da casa tua, sta piovendo. Datemi un telefono, un impermeabile e il mio cazzo di amore. E ti chiedi se questa è vita. Hai dimenticato tante cose in vita tua, hai dimenticato tutto quello che potevi. Eppure, qua, sotto la pioggia, il temporale che scarica i suoi tuoni e la sua acqua sul tuo cranio, mentre vorresti essere così lontano da qui, il suo ricordo ti assale peggio di un treno merci in corsa. Lo sai che cosa si sente quando un treno merci ti risale lungo l'esofago e ti trivella il cuore? Bé, stasera lo stai cominciando a capire. Datemi un cazzo di telefono, vi prego? Guardami, guardami! Non mi vedi? Sono qua sotto la pioggia, per te.

E intanto lei non ti guarda, e sta lì. Sembra di vederla sul ciglio di un balcone, pronta a saltare giù. E lei che ti dice che tutti sono stanchi di qualcosa, in fondo. Non è vero, lo sai anche tu, lo sa anche lei, in fondo. Aspettami. No, che fai lì? Possiamo stare svegli fino a tardi aspettando che questo fottuto temporale finisca e che spunti di nuovo il sole, e stare di fronte al giorno. Pensa, io e te su un arcipelago, con il sole che ci guarda finalmente. Eppure non mi vedi. Che cosa cerchi, che cosa cerchi? Perché non mi vedi? Sono qua da solo, trafitto dalla pioggia. Perché sei così cieca, tutta presa a guardare i tuoi problemi? Perché siamo così soli? Perché ti cerco e non ti trovo? Perché chiamo e non rispondi? Perché? Perché? Perché?


(Questo piccolo pezzo è ispirato letteralmente a questa canzone, ossia quella che secondo me è la più grande canzone scritta negli ultimi vent'anni, in questa versione che probabilmente è la sua versione definitiva)


martedì 21 giugno 2011

THE LOST ALBUMS – Incipit

Preso da un sacro furore mistico e scrittorio (chissà quanto durerà, vista la mia atavica incostanza...) ho deciso di intraprendere una mastodontica opera divulgativa in 23.937.283 puntate con le quali mi propongo di diffondere a voi lettori, volgo profano, il sacro verbo della musica.
Bé, forse ho un po' esagerato...comunque mi piacerebbe provare a far conoscere a quelle tre o quattro persone che avranno voglia di leggere qualche disco piuttosto sconosciuto ma che potrebbe riservare qualche bella sorpresa e diventare un compagno di viaggio.

domenica 19 giugno 2011

BIG MAN, IL MIO AMICO.

E dire che a quel concerto non ci dovevamo nemmeno andare. Me and my blood brother Davide, presi dai soliti dodici milioni di impegni e dalla solita maledetta penuria pecuniaria ci eravamo persino dimenticati di prendere i biglietti. “In fondo - mi dicevo - la E-Street Band ormai è poca cosa rispetto agli anni gloriosi e poi l'abbiamo vista già un anno fa. Era stato un gran concerto e preferirei non rischiare che il ricordo venga cancellato da una brutta serata”.
Mi sbagliavo. E pure di grosso. I biglietti li prendemmo una settimana prima. In fondo, quei vecchietti venivano a suonare praticamente sotto casa nostra e sarebbe stato quantomeno scortese non andarli a salutare. L'anno prima, a Milano, eravamo ancora scossi per la scomparsa di Phantom Danny Federici e il Boss e la sua ciurma ci avevano commosso con una tirata versione di Bobby Jean, ossia la più bella canzone sull'amicizia mai scritta. Alla fine di quella canzone, Clarence “Big Man” Clemons rilascia quello che, con Jungleland, è il suo più bell'assolo.



Già nel 2008 il Grande Uomo, l'anima della band, l'alter ego gigantesco e rassicurante del Boss, si muoveva a fatica, eppure quando soffiava in quel sassofono (“Blow, Big Man, blow!!!”) quelle quattro note, perché in fin dei conti la sua forza non è mai stata la tecnica pura quanto il cuore, dentro lo stomaco mi si smuoveva qualcosa. Dopo un anno rieccoci là, di nuovo io e il mio Blood Brother, e stavolta succede qualcosa di ancor più pazzesco. All'Olimpico, non solo la E-Street Band è in forma strepitosa ma addirittura tira fuori dal cilindro alcuni dei pezzi che più desideravo. E poi, nel bel mezzo, salta fuori una Drive all night che nessuno si aspettava. E lì in mezzo, il sax di Clarence.
E oggi, di punto in bianco, mi sveglio e Clarence non c'è più. È difficile descrivere a chi non sia un totale dipendente dalla musica cosa significhi che uno dei tuoi amici. che più ti hanno accompagnato con le loro storie, coi loro assoli, con i loro strumenti, non sia più lì a suonare per te. E Big Man per me è sempre stato un amico. Non l'ho mai conosciuto di persona, certo, però mi ha accompagnato per tutta la vita.



Non ricordo quale fu il primo pezzo di Springsteen con la E-Street Band che ascoltai. Ero troppo piccolo. I suoi dischi piacevano a mio padre e Born in the USA era uscito dieci mesi prima della mia nascita e, conoscendo il mio vecchio, doveva averlo sentito parecchio in quei mesi. Insomma, quella musica fa parte del mio imprinting. Però ricordo benissimo quando dalla semplice frequentazione, per quanto piacevole, si passò all'amore vero. Settembre 2002. Casa mia era inagibile causa lavori di ristrutturazione e in quel periodo stavo da mia nonna. Una sera, MTV (oddio, guardavo MTV...che tempi!) trasmise un concerto dal vivo: Bruce Springsteen & the E-Street Band da Barcellona. E a un certo punto, di punto in bianco, la band attaccò The promised land. Ricordo come fosse oggi l'effetto che mi fece l'assolo del sax di Clarence Clemons. Fu una sorta di illuminazione. Era come se quelle note sapessero tutto di me, tutti i miei desideri, le mie paure, le mie certezze. Da allora il Boss e Big Man divennero i miei compagni di strada.
Ora è strano pensare che quei due non potranno essere più sullo stesso palco, ed è piuttosto doloroso. Clarence era la E-Street Band non meno di quanto lo fosse Springsteen stesso ed è francamente impensabile che possa esistere ancora senza di lui. Eppure, di fronte all'immensa tristezza per quest'amico che non c'è più, mi sento di ringraziare perché mi ha accompagnato per tutti questi anni e (al diavolo la retorica) la sua musica lo farà ancora finché sarò vivo, di questo ne sono certo.



Oggi pomeriggio io e il mio Blood Brother ci siamo ritrovati a guardare il dvd live a Houston del 1978, per rendere omaggio a colui che, assieme al Boss, ha dettato anche i modi e i tempi della nostra amicizia. E nonostante la tristezza, riguardare la gioia pura di quei due insieme sul palco non ha potuto non strapparci un sorriso, magari pensando a quanto si starà divertendo San Pietro in questo momento, sentendo suonare di nuovo Big Man e Phantom Danny insieme.
Ciao Big Man, amico mio. E grazie di tutto.



P.S.: Questo è il più bel ricordo di Big Man che si possa trovare...la danza su Detroit Medley di due amici che si divertono un mondo...