lunedì 21 gennaio 2013

DYLAN IN VENTI PUNTATE - 5: All Along The Watchtower


ALL ALONG THE WATCHTOWER
Dylan e l'imminenza della Tempesta.

“Dev'esserci qualcuno qua fuori”, disse il Giullare al Ladro. “C'è troppa confusione e non riesco a trovare pace. Uomini d'affari stanno bevendo il mio vino e contadini stanno scavando la mia terra; nessuno di loro, che stanno sul confine, sa quanto vale tutto questo”.

“Non c'è ragione per agitarsi troppo”, rispose gentilmente il ladro. “C'è fin troppa gente che crede che la vita non sia altro che uno scherzo. Ma io e te da qui ci siamo passati e sappiamo che questo è il nostro destino. Non parliamo in maniera falsa: ci resta poco tempo”.

Lungo le torri di guardia prìncipi se ne stavano a guardare mentre intorno andavano e venivano donne e servitori a piedi nudi. Fuori, in lontananza, un puma ringhiò. Due cavalieri si stavano avvicinando. Il vento cominciò ad urlare.

All along the watchtower, probabilmente la canzone più complessa e rappresentativa di Bob Dylan è l'imminenza della battaglia, il presagio della furia del momento, un lampo nell'oscurità. E dire che nel 1968, in mezzo alla confusione sociale che scuote il mondo, abbattendo certezze, fedi, tradizioni, verità, Dylan sembra profetizzare sottovoce. Sembra quasi che non voglia che nessuno senta. “Voce di un uomo che grida nel deserto”, come il profeta Isaia tremila anni prima di lui. La versione che esce su “John Wesley Harding”, considerato non a caso il disco di “parabole” di Dylan, è un sussurro scarno, un sinistro presagio di qualcosa che sta per deflagrare. Del potenziale di questa canzone se ne accorgerà però un nero mancino di sangue Cheerokee di Seattle, tale James Marshall Hendrix. Se la versione di Dylan era un presagio, nella versione Hendrixiana la tensione esplode in un grido di elettricità. Che sarà poi sublimata dalle versioni incendiarie di Neil Young, dei Pearl Jam e dello stesso Dylan che nei suoi concerti degli anni Novanta la trasformerà in una vera e propria tempesta di fuoco.
Sono tre accordi che si ripetono ossessivamente, non più di tre accordi che incidono a fuoco parole di portata quasi biblica. Dylan smette di essere un cantante e veste i panni di Profeta per urlare l'attesa. Il vento porta l'attesa. Il vento urla il dramma dell'uomo. La vita non è uno scherzo, e gli unici a saperlo sono coloro che il Potere ha messo ai margini. Il ladro ed il giullare sono gli uomini ai margini. Il ladro è colui che sta fuori dalla legge e perciò al di sopra della legge. Il giullare è l'unico che può mostrare al Re la sua nudità. Il giullare sta dentro la Verità e perciò è al di sopra della Verità. Sono dentro la vita, dentro alla legge e dentro alla verità, al punto che sono gli unici a capire che “i tempi stanno cambiando” - come già lo stesso Dylan cantava nel 1963 – e che qualcosa si profila all'orizzonte. Eppure gli uomini sulle torri di guardia hanno conosciuto il potere ed hanno scordato il compito delle sentinelle: quello di guardare l'orizzonte e mettere in guardia dal pericolo. Ancora una volta Dylan ha colto nel senno e si è fatto profeta del suo tempo, tremila anni dopo Isaia. “I suoi guardiani sono tutti ciechi, non si accorgono di nulla. Sono tutti cani muti,incapaci di abbaiare; sonnecchiano accovacciati, amano appisolarsi. Ma tali cani avidi, che non sanno saziarsi, sono i pastori incapaci di comprendere.” I principi del mondo della canzone sono gli stessi pastori avidi ed ebbri di donne e di potere. Ai loro schiavi hanno tolto perfino le scarpe.
E così, quando i due cavalieri arriveranno a portare lo scompiglio nel mondo e a rovesciare le carte, troveranno pronti soltanto il Giullare ed il Ladro, gli unici che hanno capito che la vita non è uno scherzo ma una lotta continua.
Ma come si concretizzerà questo presagio? Questo presagio continuerà a tormentare Dylan per tutta la sua vita e, di riflesso, in tutte le sue canzoni. Vent'anni dopo, in un mondo radicalmente mutato, canterà in “Ring them bells” queste parole: “Suona quelle campane, Santa Caterina,dall'alto della stanza, suonale dalla fortezza per i gigli che fioriscono. Oh, le strade sono lunghe e la battaglia e' violenta e stanno cancellando la differenza fra cos'è giusto e cos'è sbagliato.” Eppure le campane di Santa Caterina sono il segno di qualcosa, o qualcuno, che accompagna l'uomo nella lotta. Perché, senza un punto fermo cui guardare nel turbine degli eventi, l'uomo si perde.
È la dinamica della vita. Se l'uomo perde di vista la realtà degli eventi, i segni dei tempi – come il verso di un puma che annuncia che da lontano qualcuno sta arrivando – e soprattutto la contezza del proprio destino, la lotta si trasformerà ben presto in rovinosa sconfitta.
“Nella furia del momento posso vedere la mano del Signore, in ogni foglia che vibra, in ogni granello di sabbia”. Bob Dylan canterà questo verso nel 1981, tredici anni dopo aver fatto uscire All along the watchtower. E tuttavia continuerà a chiudere i suoi concerti con All along the watchtower, sempre in poderose versioni elettriche, fino ai giorni nostri. Ed a profetizzare l'incombenza di una tempesta imminente, di fronte alla quale bisogna essere ben vigili.

lunedì 14 gennaio 2013

DYLAN IN VENTI PUNTATE - 4: Black Diamond Bay


BLACK DIAMOND BAY
Sceneggiatura dall'Apocalisse

Sulla bianca veranda lei indossa una cravatta ed un cappello Panama. Il suo passaporto mostra un viso da un altro tempo e da un altro luogo e lei non vi somiglia per niente e tutti gli avanzi del suo recente passato sono dispersi nel vento tempestoso. Cammina sul pavimento di marmo verso la voce che la chiama dalla sala da gioco, invitandola ad entrare. Lei sorride e va dall'altra parte mentre l'ultima nave salpa e la luna tramonta dalla Black Diamond Bay.
Alle prime luci dell'alba arriva il Greco e chiede una corda ed una penna che scriva. "Pardon, monsieur - dice l'impiegato togliendosi con cura il fez - Ho sentito bene?" e mentre si alza una nebbia giallastra il Greco sale velocemente al secondo piano. Lei gli passa davanti sulla scala a chiocciola scambiandolo per l'ambasciatore sovietico. Inizia a parlare ma lui passa oltre mentre nubi tempestose si ammassano e le palme ondeggiano su Black Diamond Bay.
Un soldato siede vicino al ventilatore e contratta con un piccoletto che gli vende un anello. Il fulmine colpisce, le luci si spengono. L'impiegato si sveglia e comincia a gridare: "Qualcuno vede qualcosa?" Poi il Greco appare al secondo piano a piedi nudi con una corda intorno al collo mentre un perdente nella sala da gioco accende una candela e dice "Apra un altro mazzo".
Ma il croupier dice "Attendez-vous, s'il vous plait!" mentre la pioggia batte e le gru volano via da Black Diamond Bay.
L'impiegato sentì la donna ridere mentre guardava in giro le conseguenze e il soldato ci andava pesante. Provò a prendere la mano della donna dicendo "Ecco un anello, costa una fortuna!". Lei disse "Non basta" poi corse di sopra a fare i bagagli mentre un taxi tirato da cavalli aspettava alla curva. Lei superò la porta che il Greco aveva chiuso a chiave, sulla quale un cartello scritto a mano recitava "Non disturbare". Lei bussò ugualmente mentre il sole tramontava e la musica suonava su Black Diamond Bay
"Devo immediatamente parlare con qualcuno!" Ma il Greco disse: "Và via!" e diede un calcio alla sedia, rovesciandola sul pavimento. Restò lì, appeso al lampadario. Lei gridò "Aiuto! C'è un'emergenza! Per favore aprite la porta!" Poi il vulcano eruttò e la lava tracimò dalla parte alta della montagna verso valle. Il soldato ed il piccoletto si rannicchiarono in un angolo pensando ad un amore proibito. Ma l'impiegato disse "Succede tutti i giorni!" mentre i lapilli venivano giù ed i campi bruciavano su Black Diamond Bay.
Mentre l'isola lentamente affondava il perdente finalmente fece saltare il banco nella sala da gioco.
Il croupier disse "E' troppo tardi ormai. Puoi prenderti il tuo denaro ma non so come lo spenderai in una tomba!" Il piccoletto morse l'orecchio del soldato mentre il pavimento crollava e la caldaia nella cantina esplodeva. Intanto lei è sulla balconata dove uno straniero le dice:"My darling, je vous aime beaucoup". Le scende una lacrima e poi comincia a pregare mentre il fuoco divampa ed il fumo si alza dalla Black Diamond Bay.
Me ne stavo seduto da solo a casa mia una notte a Los Angeles guardando il vecchio Cronkite al notiziario delle sette. Sembra che ci sia stato un terremoto che non ha lasciato nient'altro che un cappello Panama ed un paio di vecchie scarpe greche. Sembra che non sia successo granché,  così ho spento e mi sono andato a fare un'altra birra. Sembra che ogni volta che ti guardi intorno tu debba sentire un'altra storia assurda e non c'è veramente nessuno che possa dire niente. E comunque io non ho mai pensato di andarci, a Black Diamond Bay.

C'era un vecchio libro di Joseph Conrad. Si chiamava, se non ricordo male, Vittoria o qualcosa del genere. Raccontava una storia simile, di due tizi che si ritrovano su un'isola abitata solo da individui che a definirli loschi era dire poco. Quel luogo si chiamava appunto Black Diamond Bay. La baia del diamante nero. Quei due, Bob e Jacques si ricordavano vagamente del suo contenuto. Ma qualcosa gli era dovuto rimanere in mente, con tutta probabilità. Così si ritrovarono a scrivere una nuova storia, che poteva essere la scenografia di un film. Chissà, il Greco avrebbe potuto avere la faccia dura dagli occhi persi di Humphrey Bogart. E lei, chi è lei? Quei due, il Greco e lei sembrano arrivati al termine della propria strada. Lei, probabilmente abbandonata da qualcuno. Più probabilmente abbandonata da se stessa. Lui, chissà cosa ha passato. Probabilmente ha dato fastidio a qualcuno. Più probabilmente ha dato fastidio a se stesso. Così, lui chiede una corda. Sì, una corda. Lei non chiede più niente, invece, inchiodata com'è al proprio passato. Passato che non si conosce ma, certo, si intuisce.
Intorno, tutto sembra procedere nel disordine della normalità. C'è la solita gente ai tavoli da gioco, la solita gente con ghigne da perdenti e fiele nelle vene. Loro, a differenza di lei e del Greco, non si chiedono più nulla. Ma, nel turbine degli eventi, qualcosa sconvolge il corso degli eventi. Un fulmine. Il buio. Gente che grida. Nel frattempo, un soldato prova a regalarle un anello. Ma a lei non importa nulla. Non le importa più nulla. Ha puntato il Greco. Probabilmente lo ha scambiato per uno importante, forse un ambasciatore. Mi potrà far tornare a casa? Mi spazzerà via da questo cerchio che mi stringe la gola? Ma la gola del Greco ormai è già stretta dalla corda. Lui ha altro per la testa, ora.
A sconvolgere i piani di tutti arriva l'Apocalisse. Il vulcano, è il vulcano che si è risvegliato e sta portando via tutto ciò che sta attorno. Anche i piani del Greco, che pensava di poter fare tutto da sé. Il disordine della normalità si spezza. Il perdente fa saltare il banco, ma è troppo tardi, perché tutto sta andando ormai fuori controllo. Anche il violino pare incrinarsi, nel momento dell'Esplosione Suprema.
Cosa resta delle loro storie? Resta un avviso al telegiornale, con il vecchio Walter Cronkite, “l'uomo più creduto d'America”, che dà freddamente la notizia al telegiornale delle sette. E di quelle storie, cosa ne sappiamo noi? Cosa resta? Non lo so, non lo sappiamo. Comunque, io non ci volevo andare nemmeno, a Black Diamond Bay.

domenica 6 gennaio 2013

DYLAN IN VENTI PUNTATE - 2/3: Abandoned Love & Sara


ABANDONED LOVE & SARA
Storia di una storia

Posso sentire la chiave che gira. Sono stato ingannato dal clown che è dentro di me: ho pensato che avesse ragione ma è inutile. Qualcosa mi dice che indosso la palla e la catena. Il mio santo patrono combatte con un fantasma e non c'è mai quando più ne ho bisogno. La luna spagnola si alza sulla collina ma il mio cuore mi dice che ti amo ancora.
Ritorno in città dalla luna fiammeggiante, ti vedo per le strade, comincio a delirare. Mi piace vederti vestire davanti allo specchio: mi lasceresti entrare nella tua stanza un'ultima volta prima che sparisca definitivamente?
Tutti si travestono per nascondere quello che celano dietro i loro occhi ma io, io non riesco a nascondere quello che sono. Dovunque vadano i ragazzi li seguirò.
Sfilo nella parata della libertà ma finché ti amo non sarò libero. Per quanto tempo ancora dovrò subire un abuso come questo? Non mi lasceresti vedere il tuo sorriso un'ultima volta prima che io ti lasci andare?
Abbandono la partita, me ne vado, la pentola dell'oro è solo finzione il tesoro non può essere trovato dagli uomini che lo cercano se i loro dei sono morti e le loro regine stanno in chiesa.
Eravamo seduti in un teatro vuoto e ci baciammo. Ti chiesi per piacere di cancellarmi dalla tua lista. La mia testa mi dice che è ora di cambiare ma il mio cuore invece mi dice che ti amo anche strana come sei.
Ancora una volta a mezzanotte vicino al muro togliti quel trucco pesante e quello scialle. Perché non scendi dal trono sul quale sei seduta? Fammi sentire il tuo amore ancora una volta prima che lo abbandoni.


Me lo vedo, lui, in sala di registrazione. I musicisti, come al solito non sanno niente di ciò che lui voglia fare, di cosa abbia in mente. Ma, si sa, lui è un genio e va preso così, per quello che è. Tuttavia l'aria nello Studio A, già torrida dal caldo e grondante sudore per l'umidità, questa sera è ancora più incandescente. C'è una figura dietro il vetro, una figura di donna. Ha capelli lunghi e l'aria piuttosto altera. No, non parlo di quella misteriosa ragazza gitana dai capelli rossi che sta suonando il violino. No, la sua presenza è più imponente. Nessuno sa il suo nome ma qualcuno dei ragazzi comincia ad intuire qualcosa.
Lui è teso come le corde della sua Martin, è più elettrico che mai. Chiama Scarlet. Poi Rod e Howard. Ovviamente li chiama senza parlare perché lui non parla mai e, se parla, parla cantando. Però stavolta fa uno strappo. Loro si chiedono chi sia quella donna di là del vetro. Perché lui è così teso. A qualcuno viene in mente la frase di una sua canzone: “ho creduto che lei fosse la mia gemella ma ho perso l'anello”. Sarà lei? Non si sa. Si sa solo che lui è sempre più teso. Comincia a suonare a rapide pennate sulla sua chitarra. Poi comincia a cantare. Ma sì, quella canzone l'aveva cantata con Ramblin' Jack qualche sera prima. Ai suoi ragazzi aveva dato solo un canovaccio con qualche verso scritto male e gli aveva detto di andargli dietro.
Quell'uomo dietro al microfono è un uomo tormentato, spaccato in due come una mela. Guarda fisso dietro il vetro. Sto combattendo contro me stesso – pare dire. Credevo di avere perso l'anello, che tutto fosse rotto, che domani fosse troppo lontano, eppure ti amo ancora, di una passione più forte di una catena che mi lega. Vorrei andare, vorrei andare ma poi vorrei tornare di corsa da te. Ci ho provato tante volte ad andarmene ma più cerco di essere libero e più sono avvinto a te. Ma sono legato a te o al tuo ricordo? E tu, perché sei così fredda, così cattiva con me, così dura?
Quell'uomo non sa darsi pace e, mentre canta, sulla fronte di lei, dietro al vetro, sembra alleggerirsi quella ruga di corruccio che fino ad allora la solcava come una duna.
Scarlet suona il violino, improvvisando come sempre, mentre lui canta il suo combattimento interiore. Poi, dopo qualche minuto, chiama alla band il finale. Al solito, è un finale confuso, perché i ragazzi non sanno mai cosa lui abbia in testa.
Quando la musica si ferma, c'è un gran silenzio in studio. Se, nei giorni prima, l'aria era rallegrata dalla goliardia dei musicisti e dal tanto vino che girava fra di loro, oggi quando i ragazzi hanno finito di suonare c'è un silenzio tale che sembra quasi di percepire il battito del polso di ciascuno, che pulsa di suoni intrecciati e continui.
Poi lui, con un gesto solenne, chiama un MI minore. Loro non sanno cosa aspettarsi: non avevano preparato nulla. Rob guarda la sua mano sinistra e sta pronto a dare il via. Si sa, in una band è sempre il bassista a dirigere i lavori.
Poi si avvicina al microfono. D'un tratto sgrana gli occhi azzurri, che fino ad allora aveva tenuto bassi al suolo, e li fissa di là del vetro. Lei si avvicina d'un tratto. Per la prima volta sembra anche lei parecchio tesa, lei che fino ad allora era rimasta impassibile.
Lui sussurra nel microfono quattro parole: “Questa è per te”. Poi comincia a soffiare nell'armonica, quasi senza preavviso....


Disteso su una duna guardavo verso il cielo, ai tempi in cui i nostri figli erano piccoli e giocavano sulla spiaggia. Arrivasti dietro di me, ti vidi passare. Eri sempre così vicina ed a breve distanza
Sara, Sara, cosa mai ti ha fatto cambiare idea? Sara, Sara, così facile da osservare, così difficile da definire.
Mi sembra di vederli ancora giocare con i loro secchielli nella sabbia, correre verso l'acqua per riempirli. Mi sembra ancora di vedere le conchiglie cadere dalle loro mani mentre si seguivano l'uno dietro l'altro sulla collina.
Sara, Sara, dolce e casto angelo, dolce amore della mia vita, Sara, Sara, gioiello raggiante, mistica sposa.
Dormivamo nei boschi accanto ad un fuoco nella notte, bevevamo rum bianco in un bar del Portogallo,loro giocavano alla cavallina ed ascoltavano Biancaneve, tu andavi nel supermarket a Savanna-la- Mar.
Sara, Sara, è tutto così chiaro, non potrei mai dimenticarmene, Sara, Sara, amarti è la sola cosa che non rimpiangerò mai.
Mi sembra ancora di sentire il suono di quelle campane Metodiste, mi ero curato e stavo pian piano guarendo e restai in piedi per giorni al Chelsea Hotel per scrivere "Sad-Eyed Lady of the Lowlands" per te.
Sara, Sara, dovunque andremo non ci separeremo mai, Sara, Sara, stupenda signora, carissima al mio cuore
Come ti ho incontrato? Non lo so. Un messaggero mi inviò in una tempesta tropicale. Eri lì in inverno, luce lunare sulla neve ed in estate sul Lily Pond Lan.
Sara, oh Sara, Sfinge Scorpione in un vestito di calicò, Sara, Sara, ti prego di perdonare la mia inadeguatezza.
Adesso la spiaggia è deserta, a parte qualche alga e un pezzo di una vecchia nave che giace sulla riva. Mi hai sempre risposto quando ho avuto bisogno del tuo aiuto, mi hai dato una mappa ed una chiave per la tua porta.
Sara, oh Sara, affascinante ninfa con un arco ed uno strale, Sara, oh Sara, non lasciarmi mai, non andartene mai.

D'un tratto, mentre cantava, tutto fu chiaro. Ma certo – pensarono i ragazzi – lei è Sara. Cazzo, proprio lei. Nessuno l'aveva mai vista. Sara, la madre dei suoi cinque figli. Sara, la gemella perduta, lei che credevano perduta a Tangeri, lei che voleva portarsi via i bambini, via, lontano da lui. Lei, che gli aveva fasciato le ferite quando si era rotto l'osso del collo, quasi dieci anni prima. Lei, che lo aveva raccolto quando la sua moto era finita fuori strada e nessuno sembrava poter fare nulla per lui.
Lui, Bob, trascina le parole. Sembrano quasi pesargli sulle labbra. Snocciola ricordi, scene di vita vissuta ed ordinaria, ma con un brillio poetico, candido di neve sotto la luce della luna piena.
Ti ricordi, Sara? Ti ricordi quand'eravamo felici? E ora, cosa si è rotto? Voglio tornare con te, Sara, voglio tornarci per tutta la vita.
Chissà cosa avrà pensato Sara. Avrà pensato di certo che sei il solito, fottutissimo incantevole adorabile bugiardo. Ammettilo, non sei mai stato al Chelsea Hotel a scrivere Sad eyed lady of the lowlands. E soprattutto, non ti eri ancora curato e non stavi affatto guarendo. Anzi, non mi sarei sorpreso affatto se quella canzone l'avessi scritta per Joan, per quell'altra. Ma tanto lo so già cosa avresti risposto, Bob. Avresti risposto solamente, sì, è vero, ma avrei voluto che succedesse davvero così. E comunque, non importa. L'unica cosa che mi importa è che tu sia qui con me.
Un'armonica a fendere l'aria. E poi, la canzone è finita. E resta solo il silenzio. Tutti sono in silenzio, come solo si sta di fronte alle cose grandi.