domenica 6 gennaio 2013

DYLAN IN VENTI PUNTATE - 2/3: Abandoned Love & Sara


ABANDONED LOVE & SARA
Storia di una storia

Posso sentire la chiave che gira. Sono stato ingannato dal clown che è dentro di me: ho pensato che avesse ragione ma è inutile. Qualcosa mi dice che indosso la palla e la catena. Il mio santo patrono combatte con un fantasma e non c'è mai quando più ne ho bisogno. La luna spagnola si alza sulla collina ma il mio cuore mi dice che ti amo ancora.
Ritorno in città dalla luna fiammeggiante, ti vedo per le strade, comincio a delirare. Mi piace vederti vestire davanti allo specchio: mi lasceresti entrare nella tua stanza un'ultima volta prima che sparisca definitivamente?
Tutti si travestono per nascondere quello che celano dietro i loro occhi ma io, io non riesco a nascondere quello che sono. Dovunque vadano i ragazzi li seguirò.
Sfilo nella parata della libertà ma finché ti amo non sarò libero. Per quanto tempo ancora dovrò subire un abuso come questo? Non mi lasceresti vedere il tuo sorriso un'ultima volta prima che io ti lasci andare?
Abbandono la partita, me ne vado, la pentola dell'oro è solo finzione il tesoro non può essere trovato dagli uomini che lo cercano se i loro dei sono morti e le loro regine stanno in chiesa.
Eravamo seduti in un teatro vuoto e ci baciammo. Ti chiesi per piacere di cancellarmi dalla tua lista. La mia testa mi dice che è ora di cambiare ma il mio cuore invece mi dice che ti amo anche strana come sei.
Ancora una volta a mezzanotte vicino al muro togliti quel trucco pesante e quello scialle. Perché non scendi dal trono sul quale sei seduta? Fammi sentire il tuo amore ancora una volta prima che lo abbandoni.


Me lo vedo, lui, in sala di registrazione. I musicisti, come al solito non sanno niente di ciò che lui voglia fare, di cosa abbia in mente. Ma, si sa, lui è un genio e va preso così, per quello che è. Tuttavia l'aria nello Studio A, già torrida dal caldo e grondante sudore per l'umidità, questa sera è ancora più incandescente. C'è una figura dietro il vetro, una figura di donna. Ha capelli lunghi e l'aria piuttosto altera. No, non parlo di quella misteriosa ragazza gitana dai capelli rossi che sta suonando il violino. No, la sua presenza è più imponente. Nessuno sa il suo nome ma qualcuno dei ragazzi comincia ad intuire qualcosa.
Lui è teso come le corde della sua Martin, è più elettrico che mai. Chiama Scarlet. Poi Rod e Howard. Ovviamente li chiama senza parlare perché lui non parla mai e, se parla, parla cantando. Però stavolta fa uno strappo. Loro si chiedono chi sia quella donna di là del vetro. Perché lui è così teso. A qualcuno viene in mente la frase di una sua canzone: “ho creduto che lei fosse la mia gemella ma ho perso l'anello”. Sarà lei? Non si sa. Si sa solo che lui è sempre più teso. Comincia a suonare a rapide pennate sulla sua chitarra. Poi comincia a cantare. Ma sì, quella canzone l'aveva cantata con Ramblin' Jack qualche sera prima. Ai suoi ragazzi aveva dato solo un canovaccio con qualche verso scritto male e gli aveva detto di andargli dietro.
Quell'uomo dietro al microfono è un uomo tormentato, spaccato in due come una mela. Guarda fisso dietro il vetro. Sto combattendo contro me stesso – pare dire. Credevo di avere perso l'anello, che tutto fosse rotto, che domani fosse troppo lontano, eppure ti amo ancora, di una passione più forte di una catena che mi lega. Vorrei andare, vorrei andare ma poi vorrei tornare di corsa da te. Ci ho provato tante volte ad andarmene ma più cerco di essere libero e più sono avvinto a te. Ma sono legato a te o al tuo ricordo? E tu, perché sei così fredda, così cattiva con me, così dura?
Quell'uomo non sa darsi pace e, mentre canta, sulla fronte di lei, dietro al vetro, sembra alleggerirsi quella ruga di corruccio che fino ad allora la solcava come una duna.
Scarlet suona il violino, improvvisando come sempre, mentre lui canta il suo combattimento interiore. Poi, dopo qualche minuto, chiama alla band il finale. Al solito, è un finale confuso, perché i ragazzi non sanno mai cosa lui abbia in testa.
Quando la musica si ferma, c'è un gran silenzio in studio. Se, nei giorni prima, l'aria era rallegrata dalla goliardia dei musicisti e dal tanto vino che girava fra di loro, oggi quando i ragazzi hanno finito di suonare c'è un silenzio tale che sembra quasi di percepire il battito del polso di ciascuno, che pulsa di suoni intrecciati e continui.
Poi lui, con un gesto solenne, chiama un MI minore. Loro non sanno cosa aspettarsi: non avevano preparato nulla. Rob guarda la sua mano sinistra e sta pronto a dare il via. Si sa, in una band è sempre il bassista a dirigere i lavori.
Poi si avvicina al microfono. D'un tratto sgrana gli occhi azzurri, che fino ad allora aveva tenuto bassi al suolo, e li fissa di là del vetro. Lei si avvicina d'un tratto. Per la prima volta sembra anche lei parecchio tesa, lei che fino ad allora era rimasta impassibile.
Lui sussurra nel microfono quattro parole: “Questa è per te”. Poi comincia a soffiare nell'armonica, quasi senza preavviso....


Disteso su una duna guardavo verso il cielo, ai tempi in cui i nostri figli erano piccoli e giocavano sulla spiaggia. Arrivasti dietro di me, ti vidi passare. Eri sempre così vicina ed a breve distanza
Sara, Sara, cosa mai ti ha fatto cambiare idea? Sara, Sara, così facile da osservare, così difficile da definire.
Mi sembra di vederli ancora giocare con i loro secchielli nella sabbia, correre verso l'acqua per riempirli. Mi sembra ancora di vedere le conchiglie cadere dalle loro mani mentre si seguivano l'uno dietro l'altro sulla collina.
Sara, Sara, dolce e casto angelo, dolce amore della mia vita, Sara, Sara, gioiello raggiante, mistica sposa.
Dormivamo nei boschi accanto ad un fuoco nella notte, bevevamo rum bianco in un bar del Portogallo,loro giocavano alla cavallina ed ascoltavano Biancaneve, tu andavi nel supermarket a Savanna-la- Mar.
Sara, Sara, è tutto così chiaro, non potrei mai dimenticarmene, Sara, Sara, amarti è la sola cosa che non rimpiangerò mai.
Mi sembra ancora di sentire il suono di quelle campane Metodiste, mi ero curato e stavo pian piano guarendo e restai in piedi per giorni al Chelsea Hotel per scrivere "Sad-Eyed Lady of the Lowlands" per te.
Sara, Sara, dovunque andremo non ci separeremo mai, Sara, Sara, stupenda signora, carissima al mio cuore
Come ti ho incontrato? Non lo so. Un messaggero mi inviò in una tempesta tropicale. Eri lì in inverno, luce lunare sulla neve ed in estate sul Lily Pond Lan.
Sara, oh Sara, Sfinge Scorpione in un vestito di calicò, Sara, Sara, ti prego di perdonare la mia inadeguatezza.
Adesso la spiaggia è deserta, a parte qualche alga e un pezzo di una vecchia nave che giace sulla riva. Mi hai sempre risposto quando ho avuto bisogno del tuo aiuto, mi hai dato una mappa ed una chiave per la tua porta.
Sara, oh Sara, affascinante ninfa con un arco ed uno strale, Sara, oh Sara, non lasciarmi mai, non andartene mai.

D'un tratto, mentre cantava, tutto fu chiaro. Ma certo – pensarono i ragazzi – lei è Sara. Cazzo, proprio lei. Nessuno l'aveva mai vista. Sara, la madre dei suoi cinque figli. Sara, la gemella perduta, lei che credevano perduta a Tangeri, lei che voleva portarsi via i bambini, via, lontano da lui. Lei, che gli aveva fasciato le ferite quando si era rotto l'osso del collo, quasi dieci anni prima. Lei, che lo aveva raccolto quando la sua moto era finita fuori strada e nessuno sembrava poter fare nulla per lui.
Lui, Bob, trascina le parole. Sembrano quasi pesargli sulle labbra. Snocciola ricordi, scene di vita vissuta ed ordinaria, ma con un brillio poetico, candido di neve sotto la luce della luna piena.
Ti ricordi, Sara? Ti ricordi quand'eravamo felici? E ora, cosa si è rotto? Voglio tornare con te, Sara, voglio tornarci per tutta la vita.
Chissà cosa avrà pensato Sara. Avrà pensato di certo che sei il solito, fottutissimo incantevole adorabile bugiardo. Ammettilo, non sei mai stato al Chelsea Hotel a scrivere Sad eyed lady of the lowlands. E soprattutto, non ti eri ancora curato e non stavi affatto guarendo. Anzi, non mi sarei sorpreso affatto se quella canzone l'avessi scritta per Joan, per quell'altra. Ma tanto lo so già cosa avresti risposto, Bob. Avresti risposto solamente, sì, è vero, ma avrei voluto che succedesse davvero così. E comunque, non importa. L'unica cosa che mi importa è che tu sia qui con me.
Un'armonica a fendere l'aria. E poi, la canzone è finita. E resta solo il silenzio. Tutti sono in silenzio, come solo si sta di fronte alle cose grandi.

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